PSICOLOGIA CLINICA / CONSULENZA PSICOLOGICA

“La PSICOLOGIA CLINICA si occupa della comprensione e del miglioramento del funzionamento umano. Insieme ad altre branche della psicologia e delle scienze del comportamento, essa condivide il compito di accrescere la conoscenza dei principi del funzionamento psichico della ‘gente in generale’, ma la sua competenza specifica riguarda i problemi umani delle ‘persone in particolare’ “. (S.J. Korchin: Psicologia Clinica Moderna.. Borla, Roma, 1979).

L’oggetto di analisi della psicologia clinica é, in definitiva, il comportamento umano, sia individuale, di gruppo che delle organizzazioni sociali. (R. Carli, Psicologia Clinica, UTET, Torino, 1987)

La CONSULENZA PSICOLOGICA prevede un inquadramento del problema presentato e la progettazione di un intervento volto ad affrontare e superare le manifestazioni sintomatologiche in atto, attraverso una valorizzazione delle potenzialità e risorse dell’individuo. La valutazione avviene attraverso l’impiego di colloqui clinici ed eventualmente mediante l’utilizzo di strumenti psicodiagnostici. Obiettivo dei primi colloqui è la reciproca conoscenza e la valutazione dell’opportunità di intraprendere un percorso successivo. E’ necessario comprendere la natura del problema e ricostruirne la storia, approfondire motivazioni ed aspettative, definire e costruire uno spazio in cui chi richiede il colloquio e lo psicologo possano lavorare in un modo congiunto e condiviso. Al termine di questa prima fase, verrà data una restituzione e verrà proposto il tipo di trattamento più indicato (specificando obiettivi del percorso e, ove possibile, durata approssimativa dello stesso).

[toggle title=”Cos’è un colloquio clinico?” value=”close”]Il colloquio è il più usuale mezzo di scambio nella comunicazione quotidiana. Tutti noi siamo abituati a interagire con gli altri attraverso modalità dialogiche e discorsive, esprimendo ciò che di noi vogliamo far sapere e, allo stesso modo, ricevendo informazioni. Da questo punto di vista è ovvio che, anche in campo psicologico, non si possa prescindere dallo scambio di parole per quei fini conoscitivi che la psicologia stessa si propone.
Il colloquio psicologico clinico è uno strumento di conoscenza che utilizza l’incontro e la comunicazione fra due o più persone allo scopo di raccogliere informazioni ed acquisire conoscenze che riguardano l’ambito d’interesse della psicologia, con fini di ricerca, di diagnosi o di presa in carico per un determinato trattamento. Presuppone che uno dei partecipanti abbia conoscenze, competenze psicologiche e titolo per usarle e che le utilizzi in accordo con gli interlocutori.
Si potrebbe pensare che vi sia una sola tipologia di colloquio psicologico e un solo modo di condurlo. La realtà è molto più complessa, perché il paradigma di riferimento dello psicologo, le sue scelte metodologiche ed il diverso scopo che può avere un colloquio possono portare a caratteristiche strutturali, a modi di conduzione e a contenuti dello scambio comunicativo molto diversi fra di loro. [/toggle]

PSICODIAGNOSI

La fase diagnostica rappresenta,  in qualunque contesto, il presupposto di ogni intervento: il suo obiettivo primario è quello di comprendere il problema che impedisce una corretta funzionalità e apportare, ove sia possibile, i relativi rimedi.

[toggle title=”Che cos’è un’indagine psicodiagnostica?” value=”close”]L’indagine psicodiagnostica si connota come una modalità d’intervento specialistico nel più ampio contesto della diagnosi psicologica. E’ riferibile ad un processo che si avvale di strumenti e tecniche d’indagine della personalità (test e reattivi) che fungono da supporto “oggettivo” alle inferenze cliniche, altrimenti tratte, dal colloquio clinico. Detti strumenti consentono, infatti, di oggettivare il maggior numero di esperienze soggettive  (comprese quelle legate a dinamiche e tendenze inconsce che spesso regolano o determinano certi comportamenti e/o che sono alla base di eventuali disturbi psicogeni) di un individuo, fornendo quindi un valido supporto alla stesura del profilo o alla descrizione della personalità di un soggetto, all’interno di un processo circolare che si svolge in un termine di tempo definito.[/toggle]

[toggle title=”Che differenza c’è tra diagnosi psicologica e diagnosi medica?” value=”close”]Se nel caso della diagnosi medica, l’attività è volta,  attraverso il raggruppamento dei sintomi,  ad un inquadramento clinico-nosografico della malattia, nel caso della diagnosi psicologica significa innanzitutto “sapere cosa fare di fronte ad un disagio” e non solo “identificare le norme dell’eventuale patologia” (Menninger, 1962) .
La diagnosi psicologica deve quindi raccogliere dati utili a comprendere i molteplici fattori che, a più livelli, entrano a far parte della vita del soggetto e che ne condizionano il suo processo adattativo.[/toggle]

SOSTEGNO PSICOLOGICO

Alcuni eventi della vita personale, di coppia o familiare (cambiamenti importanti, difficoltà di comunicazione, conflittualità, difficoltà di adattamento..) possono provocare una reazione di stress intenso o prolungato fino a determinare problemi psicologici.

Il sostegno psicologico è una tecnica di intervento che tesa al supporto alla persona. Esso è finalizzato ad alleviare i disagi di natura psicologica, ad incrementare l’autostima e la capacità di adattamento/superamento  delle difficoltà.

Lo psicologo ha il compito di ascoltare, colloquiare ed interagire in modo empatico con l’individuo, agevolando in lui le espressioni verbali circa le sue dinamiche interne e fornendo utili e funzionali spiegazioni su di esse.

Il lavoro di sostegno si propone di fornire alla persona in difficoltà una sorta di ‘mappa’ orientativa chiara, semplice, interattiva, funzionale riguardo le problematiche psichiche emergenti in modo da poter agevolare nell’individuo un’ individuazione di risorse e strategie personali più adattative e funzionali al superamento del disagio.

Il sostegno psicologico può essere molto utile anche , se sono coinvolte, alle persone vicine all’individuo afflitto da problemi psicologici (ad esempio il partner, il coniuge, i familiari, i parenti, gli amici), facilitando anche in loro una maggiore chiarezza in merito al disagio psicologico della persona cara utile a favorire la riorganizzazione interna ed esterna nei rapporti con essa.

PSICOLOGIA SCOLASTICA

La psicologia scolastica si occupa dei problemi di orientamento, adattamento e disadattamento scolastico, ed anche l’inserimento di ragazzi con disabilità fisiche e psichiche. Si basa sui costrutti della Psicologia dell’apprendimento.

I disturbi dell’apprendimento presenti, sin dalla nascita, in soggetti con un disturbo neurologica o sensoriale (per esempio: ritardo mentale, sordità) vanno distinti dai disturbi che si manifestano, durante l’età scolare, in bambini con adeguate capacità cognitive, visive e uditive. I criteri diagnostici sono legati a

– compromissione significativa dell’abilità scolastica specifica; precedenti disturbi dello sviluppo (ad esempio: ritardo del linguaggio); problemi associati (ad esempio: iperattività , disturbi della condotta); manifestazioni cliniche (anomalie che non rientrano nello sviluppo fisiologico); le difficoltà scolastiche non regrediscono rapidamente con un intervento a casa e/o scuola.

– livello di apprendimento del bambino deve essere inferiore a quello atteso per un  soggetto delle stessa età mentale.

– la compromissione deve riguardare lo sviluppo, deve essere stata presente durante i primi anni di scolarizzazione e non acquisita più tardi nel corso del processo educativo.

– non devono essere presenti fattori esterni che determinano le difficoltà scolastiche (ad esempio: assenze prolungate da scuola, istruzione inadeguata).

I problemi del bambino con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) (lettura, scrittura, calcolo, ecc…) non sono dovuti a: disturbi dell’intelligenza; problemi emotivi o relazionali; approccio sbagliato dei genitori o degli insegnanti; pigrizia e svogliatezza.

La definizione della gravità del disturbo dipende dall’età (per esempio: è sintomatico un ritardo di lettura pari a 2 anni in III° elementare e un ritardo di lettura pari a 2 anni in III° media) La configurazione che il disturbo assume può variare con il progredire dell’età e della scolarizzazione .

Tali disturbi comprendono: la dislessia, il disturbo della lettura; il disturbo di scrittura o disortografia; disturbo specifico delle abilità aritmetiche.

PERCORSO SULL’AUTOSTIMA

L’autostima è la valutazione che una persona dà di se stessa. Tale valutazione varia tra due estremi: quello positivo e quello negativo. Chi ha bassa autostima, per esempio, mostra scarsa fiducia nella propria persona e nelle proprie capacità; si sente spesso insicuro, non è in grado di contare su se stesso e manifesta diverse paure legate soprattutto alla propria percezione di inadeguatezza e incapacità. Se una persona con bassa autostima si trova dover prendere una decisione importante, proverà un senso di incertezza molto forte e la sensazione che qualunque scelta farà si dimostrerà sbagliata; al contrario, una persona con una solida autostima sceglierà senza troppe preoccupazioni e indecisioni la via ritenuta migliore.

Iniziare un percorso di miglioramento dell’autostima consiste nel lavorare sulle proprie percezioni; si tratta di imparare a conoscersi meglio, analizzando il proprio mondo interiore in tutta la sua complessità, focalizzando l’attenzione non solo sugli aspetti critici di Sè, ma anche e soprattutto su quelli positivi. Nel farlo si deve essere obiettivi, e può essere utile farsi aiutare da una persona fidata, in grado quindi di vedere determinati aspetti del nostro carattere che possono sfuggirci.